Giugno-luglio 1975
Un intervento nello spazio urbano si presenta essenzialmente come un lavoro in progressione, una ricerca continua che si ricrea attraverso la sperimentazione delle sue ipotesi. E’ fin troppo evidente dappertutto che l’urbanistica aggrava sempre più la sua crisi, Dal momento che la costruzione di nuovi quartieri è in contrasto evidente con i nuovi modi di comportamento e i nuovi modi di vita, che vanno affermandosi ogni giorno più evidentemente. Il nostro entourage è attualmente squallido e sterile. I vecchi quartieri, in alcune città sono diventate centri commerciali o snaturati dal Turismo; in altre sono diventati veri e propri ghetti di sottoproletari e proletari disgregati, con altissime percentuali di criminalità, prostituzione, mortalità infantile e malattie infettive e un livello culturale tra i più bassi che si possano trovare.
Di fronte alla necessità, poi, di costruire nuovi alloggi, o intere città, si stanno costruendo veri e propri cimiteri in cemento armato, dove grandi masse di popolazione sono condannate all’isolamento o quando meno ad annoiarsi a morte. In entrambi i casi i rapporti sociali vi diventano impossibili. La situazione urbanistica di Cosenza, non sfugge a queste condizioni. La sistemazione del suo territorio urbano, e limitrofo, si svolge secondo i canoni collaudati dell’illogicità. Ciò che viene trascurato dai pianificatori è che il tessuto urbano è funzione di chi vi abita, e non viceversa.
Certo, se i nazisti avessero conosciuto gli attuali urbanisti avrebbero certamente fatto a meno dei loro campi di concentramento: sono più efficaci i nuovi quartieri popolari.
Miseria dell’urbanistica e urbanistica della miseria!
La ricerca/sperimentazione che noi vogliamo svolgere, a partire dalla città vecchia di Cosenza, è un tentativo di descrizione geografica del terreno urbano dal punto di vista dei diretti interessati, i suoi abitanti; e inoltre, la ricerca delle possibilità di un intervento di questi direttamente in un rovesciamento di prospettiva dell’urbanista, cioè il recupero della componente umana e la possibilità di rapporti collettivi reinventati, creativi e dialettici.
Si propone essenzialmente l’affermazione di un comportamento ludico-costruttivo, che si opponga, in ogni caso, alla nozione classica dell’indagine sociologica, psicologica o di qualsiasi altro tipo di punto di vista specialistico, e si oppone, per altro alla posizione populista, pietista di andare “a toccare con mano le tristi condizioni del popolo”. O a quelle operaiste e pseudo rivoluzionarie dell’attivismo volontaristico dell'”intervento nei quartieri, per portare (sic) la coscienza ai proletari”.
La nostra ricerca rinunciando, per durate più o meno lunghe, alle comuni ragioni che spingono a spostarsi o ad agire, alle relazioni stereotipiche, e ai lavori o divertimenti che vi corrispondono, si spinge in ricognizione per vicoli, strade, piazze, quartieri, case lasciandosi andare alle sollecitazioni del terreno e degli incontri che vi corrispondono, e contaminandone il tessuto con proposte, provocazioni, stimoli, strutture alternative.
La ricerca/intervento che proponiamo partendo dalla città vecchia si estende in tutto il tessuto urbano. Che la struttura urbana della città vecchia fosse, anche, fatta in funzione di un rapporto diretto fra i suoi abitanti, è un dato di fatto, e bisogna ancora scoprire quanta parte avesse il ludico in tutto ciò. Rifare, oggi, il vecchio percorso della città, con i nuovi mezzi tecnici a disposizione e una utilizzazione nuova dei vecchi, ecco in sintesi il tentativo di CONTAMINAZIONE URBANA della città vecchia.
Perché nell’attuale fase della società, qualsiasi intervento nel sociale, ripercorrendo le vie della tradizione, che non tenga conto dell’elettricità, della tecnologia che ne deriva e della diversa coscienza sociale, rispetto al passato, è quanto meno un’operazione di mera archeologia.
Le ricognizioni nello spazio urbano mirano allo studio del terreno e alle relazioni comportamentali che vi si manifestano.
L’uso dei mezzi quali, la fotografia, il cinema, la televisione, il teatro, la musica permette una descrizione quanto più completa dello spazio che si esplora, ma soprattutto l’incontro/scontro con i comportamenti e i modi di comunicazione imposti. E’ questo chiaramente una scelta che intende in maniera completamente diversa anche l’urbanistica, che va inserita, per noi, in una visione globale dell’uomo e del suo mondo, e non specialistica e parziale.
In ogni caso la ricerca/intervento abbracciando un campo spaziale più o meno vasto (ed estensibile in ogni momento) implica la costituzione di strutture fisse, con funzioni di basi operative.
Dalla costituzioni delle basi, e da una prima ricognizione generale del campo spaziale d’intervento, si passa al calcolo delle direzioni di penetrazione in esso.
A questo punto si impone lo studio:
– Di carte topografiche e di piante della città;
– Del rapporto ecologico;
– Del rapporto psico-geografico, cioè lo studio degli effetti precisi dell’ambiente geografico, coscientemente o no, sistemato agente direttamente sul comportamento affettivo degli individui;
– Dell’economia della città;
– Dell’architettura;
– Delle classi e della loro storia; della storia in generale della città;
– Di tradizioni, folklore, cultura.
Nella determinazione delle vie di penetrazione vanno coinvolti sempre gli abitanti dei quartieri, ma soprattutto i bambini e i ragazzi. Sono essi che determinano, insieme agli operatori del Centro, l’esplorazione dell’ambiente, alla scoperta delle possibilità ludiche attraverso l’appropriazione dell’uso delle nuove tecniche conoscitive e comunicative.
In questo è possibile (ri) costruire una rete di rapporti nuovi tra abitanti dei quartieri, fra questi e gli operatori che vi intervengono, e insieme con le strutture che sono l’espressione di questi rapporti. Questa ricerca/intervento nasce dall’esigenza di creare o reinventare lo spazio urbano a confronti/scontri tra gli abitanti e le strutture già esistenti e la creazione di strutture alternative.