Documento ottobre/novembre 1975
Il Progetto di Contaminazione Urbana si presenta essenzialmente come un “lavoro in progressione”, che partendo dai punti periferici della città di Cosenza, si estende progressivamente, investendo tutto il territorio urbano, ed extraurbano. Esso nasce dalla necessità di dare spazio a confronti fra esperienze ed esigenze culturali diversificate, nonché fra situazioni sociali in conflitto. Vuole, inoltre, rispondere all’altra esigenza che tende a favorire il processo di socializzazione/aggregazione di strati sociali attualmente emarginati ed esclusi dal contesto culturale e sociale della città. Il Progetto investe situazioni diverse le une dalle altre; da quelle socialmente disgregate, a quelle di aggregazione volontaria. Lo scopo originario del Progetto è di arrivare ad un coinvolgimento operativo degli abitanti dei quartieri, ed assume il triplice aspetto di evento, partecipazione collettiva e festa. L’azione si espande fino a riempire tutto l’ambiente disponibile tendendo a verificare nuove possibilità di reinvenzione dello spazio (e di tutto ciò che ne consegue come cambiamento qualitativo della propria vita quotidiana) da parte di coloro che vengono, ancora, definiti “spettatori”, pubblico, animatori/operatori. In questa prospettiva lo spazio e i rapporti imposti “esplodono”. Il fatto culturale non viene più inteso come proposizione di “prodotti preconfezionati”, di merci da consumare, e pronti all’uso, ma come costruzione di eventi, momenti di creazione e autonomia; come apertura progressiva di processi conoscitivi. Gli interventi allora si espandono investendo tutto il territorio, l’ambiente. La “contaminazione” diventa il filo conduttore di tutta una ricerca/verifica, con varie ipotesi di lavoro, su un modo nuovo di realizzare la comunicazione. L’intervento di Contaminazione Urbana, può essere concepito come possibilità di agire dentro e su un determinato spazio, oppure di accettarlo. Si tenta la reinvenzione dello spazio, determinando rapporti ambientali di tipo nuovo, e nello stesso tempo si inizia un dialogo con l’ambiente già esistente. Le due possibilità si intersecano, si sovrappongono reciprocamente. Da tutto ciò consegue che:
1. Tutti gli elementi di qualunque spazio (architettura, abitanti, rapporti sociali, politici, culturali) vanno messi in evidenza e non mascherati;
2. La necessità di creare in qualsiasi momento possibilità di nuove situazioni spaziali.
Gli interventi nei quartieri e nel tessuto urbano, provocando situazioni creative, raccolgono anche materiali, che verranno riutilizzati per altri interventi con l’uso di differenti media, dal teatro agli audiovisivi. Questi interventi/animazioni informano sulle tracce della tradizione; reinventano il materiale, creano incontri periodico, tendono a dare una connotazione non solo creativa ma soprattutto sociale, politica alla storia popolare. Essi tendono ad unire i materiali/oggetti a molte altre cose “anche se prive di connessione con l’arte, convenzionalmente intesa: avvenimeti di città, di periferia, situazioni di lavoro, di quotidianità, ecc… L’osservazione dei fatti di interesse concreto ed immediato deve infatti dilatarsi e giungere alla comprensione delle cause sociali, che l’hanno originato, eliminando la competitività tendendo alla socializzazione confluendo – cioè – in una vera “festa popolare” nella quale gli artefici diventano “attori”, complici tutti dell’evento. Il Progetto, ideato e organizzato dagli operatori del Centro Ricerche Audiovisive e Teatrali – Calabria, è un primo momento di verifica pratica di una serie di ipotesi di lavoro che questi operatori stanno sviluppando dal mese di settembre ’74, in Calabria. Si tratta in pratica di un primo tentativo, esteso ad un’intera città, di aprire possibili spazi ad un lavoro stabile di animazione socio-culturale, come intervento costante sul territorio. Questo significa aprire, qui in Calabria, il discorso della creazione di strutture polivalenti come centri fondamentali e imprescindibili di decentramento culturale. E’ in questa prospettiva che è nato il Centro, e che già agisce e lavora, tra l’indifferenza dei politici e degli amministratori locali, e ovviamente senza ricevere nessun tipo di sovvenzione. Questo esempio assume un aspetto di estrema importanza, se pensiamo, che in Calabria, dove pure si stanno determinando cambiamenti politici notevoli e profondi, un Ente Regione si permette, ancora, il lusso di sovvenzionare i Centri di Servizi Culturali, ereditati dalla Cassa del mezzogiorno, con 25/30 milioni di lire all’anno, quando il 99% di questi Centri si limitano ad attività di prestito libri e servono solo ad una funzione clientelare per quegli organismi a cui sono dati in gestione.