Incubi, sogni, paure.
La guerra è un incubo da cui è difficile svegliarsi, e spesso ci si sveglia morti. La guerra è un’esperienza senza ritorno, un’attraversamento dell’inferno della storia che non lascia indenne nessuno
“Sono una beduina di duemila anni.
Hanno provato a seppellirmi viva nel deserto, a sotterrarmi sotto la sabbia perché ero nata femmina, ma non ci sono riusciti.
Mi hanno uccisa parecchie volte , ma io sono sempre rinata dalle ceneri per volare.”
Da un paesaggio di macerie, si leva il grido di una donna, disperata, sola, che vaga cercando qualcosa di quello che resta della sua vita, della sua memoria, della sua città in un deserto di cenere e sangue. Un grido di dolore e di rabbia, un grido atroce e terribile.
Dopo Medea e Antigone continua la nostra riflessione sul dolore della donna nella tragedia antica e moderna. Lo spettacolo vuole essere dedicato a tutto quanto costituisce, all’interno della dimensione umana, percezione e testimonianza di ogni situazione di costrizione, di oppressione, di violenza, uno spettacolo in cui si attraversano le tante tragedie del nostro tempo, con il loro potenziale di prepotenza e di crudeltà che tante immagini televisive ci hanno impietosamente scagliato contro. E queste singole tragedie non vengono, nel testo e nell’ambientazione, chiamate per nome, ma solo accennate, intuite. Perché non occorre far nomi, differenziare i meridiani e il colore della pelle: al contrario, interessa evidenziare l’universalità della problematica sperando che prima o poi ci si possa svegliare da questo INCUBO.
progetto e regia
Massimo Costabile
con
Antonella Carbone
installazione scenica
Salvatore Anelli
video
Giuseppe S. Grosso Ciponte
Giulia Secreti
disegno luci
Paolo Carbone
2004